STONEBRIXIAMAN: AD UN PASSO DAL CIELO

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120 gli atleti provenienti da tutta europa che, sabato 3 luglio 2021, a Ponte di Legno (BS), si sono messi in gioco affrontando le frazioni full distance di nuoto, bici e corsa, in una delle competizioni tra le più avvincenti e dure di triathlon estremo.

Sì, perchè lo Stoneman è una gara lunga, dura, estenuante.

Dalle acque del Lago d’Iseo, nell’oscurità delle prime ore del mattino, fino al cospetto del maestoso Passo Paradiso, a 2.600 m slm, affrontando un dislivello totale che supera i 6.000 metri.

Venti ore per dare vita ad un sogno oltre i propri limiti, per tagliare quel traguardo, per ricevere quella pietra, emblema della loro impresa.

Tre gli atleti campani ai nastri di partenza: Vincenzo Cozza, Paolo Cutelli, entrambi in forza al team Aurora Triathlon e Cristian Belpedio, salernitano doc pur se bresciano di adozione da qualche anno, con la scuderia Zerotrenta Triathlon Brescia.

Lo Stonbrixiaman non è una gara, è un viaggio. Non ci sono altre parole per descriverlo, è veramente un viaggio fisico e mentale verso un’altra dimensione”.

Così esordisce Vincenzo Cozza, giovane e impavido atleta che, insieme a Cristian Belpedio, sono gli unici campani fino ad ora, ad essere riusciti nell’impresa, fregiandosi del titolo di finisher.

A lui, ancora visibilmente scosso, incredulo, al tempo stesso, scioccato ed eccitato, abbiamo chiesto di raccontarci del mitico passo Gavia, con i suoi 2.621m slm, dove i coraggiosi realizzano un giro di boa prima dell’ultima discesa alla T2 in piazza a Ponte di Legno.
A lui abbiamo chiesto di parlarci del suo Gavia e ci ha catapultati in un vortice di emozioni forti, intense e toccanti.
La salita è un continuo alternarsi di pendenze fra il 10-14% e picchi ancora oltre.
Infilo il 30 dietro e mi obbligo a non cambiarlo.
Sono circondato di ciclisti, quasi nessuno in gara.
I motociclisti sfrecciano senza pudore, nel bosco le pendenze diventano mostruose, il cuore sale, le gambe cominciano a fare male. Scompare il parapetto, la strada stringe, brecciolino. Qualcuno mette il piede a terra: ma come fa a ripartire?
Arriva un'ambulanza, ne carica due sfracellati. Mi sfiora per salire, mi sfiora per scendere. Se mi tocca sono letteralmente giù.
Ad un certo punto il buio. Il freddo. Il silenzio. Una lucina sul fondo della galleria. A terra è quasi sterrato, la salita rimane appesa, non so se cammino diritto o meno. Qualcuno urla, il rimbombo mi entra nel midollo.
Se cado ora mi asfaltano, sicuro. Mi faccio coraggio e continuo per sopravvivere.
Finalmente luce. Siamo quasi in vetta, neve ai lati.
Io comincio a boccheggiare. Ma quanto manca? Sono 30 minuti che dicono "ultimo km".
Arrivo in cima. Piango a dirotto di disperazione, paura, angoscia, felicità.
Sono 3 anni che sognavo questo momento, e ho sfasciato la mia vita per viverlo”.

A Vincenzo, a Paolo, a Cristian e a quanti altri si sono cimentati in questa splendida, folle avventura a tinte forti, vanno i nostri più sentiti complimenti.

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