A Venezia un racconto con 700 protagonisti

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challenge venice Ph credit Luis Hourcade

A poco meno di due settimane dalla conclusione della seconda edizione di Challenge Venice, il ricordo della gara è ancora ben impresso grazie alla presenza di 700 partecipanti, in rappresentanza di 45 nazioni, protagonisti del full distance di Venezia. Estremamente positivo, dunque, il bilancio di una gara che, dopo soli due anni, ha saputo conquistarsi un posto di prestigio nel gotha internazionale del triathlon.

Al concetto di sfida siamo soliti attribuire un significato ampio, ma indubbiamente preciso. Nella conversazione quotidiana, tutti noi sappiamo che cosa vuol dire affrontare una sfida: una tensione verso qualcosa – o qualcuno – che richiede un impegno non indifferente. E, certamente, figure storiche ben impresse nell’immaginario collettivo, come l’Ulisse di omerica fattura o il cavaliere dall’animo nobile delle canzoni provenzali, si legano al concetto di sfida sino a farne uno status, una definizione insindacabile del proprio ego.

Proprio dalla storia e, in particolare dalla storia delle imprese sportive, è possibile trarre un significato ancora diverso. Protagonisti di un’epopea che li vuole idoli della folla, i campioni dello sport hanno fatto della loro stessa vita una “tenzone”: un duello contro il rivale di sempre, contro il tempo, contro se stessi. La motivazione nasce dalla natura stessa della competizione: osare sempre di più, al limite delle umane possibilità.

Ed è con questo ambizioso osare che un atleta si approccia al mondo del triathlon full distance. Nello specifico, domenica 11 giugno, 700 triatleti, che hanno fatto del proprio corpo e della propria mente un’armatura di medievale solidità, hanno avuto come primo e immediato stimolo proprio questo concetto: abbattere i propri limiti prima ancora delle resistenze degli avversari, trasformare la propria fatica in una storia da raccontare.
E come poteva Venezia, con la sua secolare fragilità, sostenere il peso di queste 700 armature senza affondare? All’alba la città lagunare si è accesa e, da Fondamenta San Giobbe, ha accolto gli atleti nelle sue tiepide acque: prendeva così il via la seconda edizione di Challenge Venice.

Dagli specialisti della massima distanza agli ambiziosi esordienti, passando per i tanti appassionati della triplice, atleti provenienti da ogni parte del mondo – 5 i continenti, 45 le nazioni rappresentate - si sono appaiati sulla linea di partenza posta, idealmente, nelle acque del canale di San Secondo.  3,8 chilometri in rettilineo a raggiungere, una bracciata dopo l’altra, la terraferma. Ne sono usciti per primi due campioni azzurri, Davide Giardini e Alberto Casadei, seguiti a poco più di un minuto dal tedesco Bittner.

Il saluto alla laguna ha fatto da proscenio all’accoglienza della città metropolitana e dell’entroterra veneto. La seconda frazione del triathlon è andata in scena su un percorso reso meno veloce dal vento ma ugualmente pianeggiante e lineare: 180 chilometri attraverso le sorprendenti bellezze dei comuni del veneziano e del trevigiano. Ai lati delle strade, la gente di Roncade, Meolo, Quarto d’Altino, Monastier di Treviso, San Biagio di Callalta, Marcon, s’è radunata ad alleviare, anche solo per un breve istante, la fatica degli atleti con applausi e incitamenti.  E, rapidamente, il duo Giardini-Casadei è piombato nel verde del Parco San Giuliano: via all’ultima frazione, la maratona.

Proprio in quel momento è iniziata l’impresa di Lukas Kramer. Mentre il beniamino di casa Alberto Casadei lasciava la compagnia di Giardini, la teutonica tenacia di Kramer si manifestava con una rimonta eccezionale, culminata alla settima ora di gara nel sorpasso decisivo a Casadei.  8 ore, 23 minuti e 38 secondi dopo il tuffo da Fondamenta San Giobbe, Kramer ha tagliato il traguardo, camminando, per non perdersi nemmeno uno dei tanti saluti e complimenti del pubblico. A poco più di tre minuti, ecco arrivare Alberto Casadei, non un semplice sparring partner del vincitore, ma magnifico protagonista di una gara condotta per larghi tratti in testa. Terzo un altro atleta tedesco, Jan Raphael (8.29’57”), che ha preceduto il dominatore della prima edizione di Challenge Venice, l’olandese Dirk Wijnalda.

Qualcosa di molto simile a un soliloquio: la gara femminile è stata un assolo della forte triatleta belga Sofie Goos. Fatta eccezione per la prima frazione, dominata dalla croata Sonja Skevin, la prova di bici e la maratona hanno visto la cavalcata trionfale della Goos, che ha chiuso la sua fatica in 9 ore, 17 minuti e 17 secondi. A quasi venti minuti di distanza, giungeva, in seconda posizione, la ceca Simona Krivankova. Terza la giovane croata Sonja Skevin che ha preceduto di dieci minuti la vicentina Martina Dogana, accolta dagli applausi e dal sostegno del suo pubblico.

Le luci del giorno calavano, ma non terminava la passerella degli atleti sul traguardo. Gli arrivi si sono susseguiti fino a serata inoltrata, in una cornice notturna ancor più emozionante, dove, insieme ai protagonisti della gara, brillava la famiglia del Challenge Venice. Intesa e affiatamento i tratti distintivi di un gruppo numeroso ed entusiasta, che ha potuto contare sul supporto e sul coordinamento dei rappresentanti delle istituzioni, delle autorità, delle forze dell’ordine e del pronto intervento, della protezione civile e, in generale, di tutti i volontari che hanno contribuito alla perfetta riuscita dell’evento.

Un impatto estremamente positivo per una gara il cui fascino internazionale è garantito dalla perfetta simbiosi tra bellezza dell’ambientazione ed efficacia della prestazione. Insomma, Venezia è il quadro perfetto per atleti che vogliono esprimersi ai massimi livelli, sempre più vicini al proprio limite e, perché no, anche oltre. Lo sa bene Matteo Gerevini, direttore di corsa di Challenge Venice, che, a margine della cerimonia di premiazione, ha voluto trarre un bilancio complessivo di questa seconda edizione.

«Quella di ieri è stata una vera e propria festa, una giornata che tutti gli amanti del triathlon e dello sport in generale non dimenticheranno facilmente -  ha dichiarato Gerevini – e avere qui campioni di questo calibro non può che accrescere il lustro di questa gara. Il mio ringraziamento va, però, a tutti quegli atleti, che, senza troppe ambizioni di classifica, hanno voluto omaggiare Venezia e il suo territorio con la loro presenza e la loro fatica».

Quella del Challenge Venice, s’è detto, è una famiglia, unita dall’obiettivo di regalare un’emozione sia a chi partecipa sia a chi assiste, come l’arrivo del dottor Pier Luigi Righetti accompagnato dai “Bambini Terribili”. Il dottor Righetti, psicologo e triatleta, che lavora da anni a fianco dei bambini disabili, ha voluto coinvolgere i suoi giovani aspiranti atleti, facendosi accompagnare lungo tutto il percorso, dalla partenza della frazione di nuoto agli ultimi metri della maratona. Un abbraccio collettivo li ha accolti sulla linea del traguardo, segno inequivocabile che lo sport non ha barriere e non fa nessuna distinzione.

E forse proprio l’obiettivo di regalare a tutti un’esperienza ricca di emozioni ha permesso alla manifestazione di entrare a far parte di Challenge Family, un circuito internazionale che comprende 44 gare di triathlon, tra half e full distance, in alcune tra le più affascinanti e suggestive mete di 26 differenti paesi in tutto il mondo.

Un entusiasmo contagioso, emerso anche nel dopo gara, grazie alle parole di Jort Vlam, quality manager di Challenge Family. A termine della Awards Ceremony, Vlam ha dichiarato: «Questa seconda edizione di Challenge Venice è stata davvero dura per tutti, atleti, accompagnatori, pubblico e organizzatori, soprattutto a causa del caldo, ma, grazie al team di Matteo e a tutti i volontari che hanno dato il proprio supporto all’evento, si è rivelata un’esperienza incredibile. E già non vedo l’ora dell’edizione 2018, per accogliere ancora più atleti e dar loro tutto l’incoraggiamento che meritano».

Calato il sipario sull’edizione 2017, già si pensa al Challenge Venice che verrà. Perché anche gli organizzatori hanno una loro idea di sfida: rendere sempre più affascinante e memorabile una gara che ha già conquistato un posto d’onore nella hall of fame della storia del triathlon. 

(fonte comunicato Cometa Press)