Mondiali di Edmonton: perché è andata così, il bilancio del DT Mario Miglio

Luci e Ombre dalla rassegna iridata di triathlon olimpico, la 'lettura' dei risultati: gli atleti 'ci sono' , dovremo analizzare a fine stagione cosa non ha funzionato.
E’ tempo di bilanci: a conclusione del Campionato del Mondo che ha visto l’archiviazione della Grand Final e del massimo circuito di triathlon olimpico stagione 2014 in Canada, la Direzione Tecnica guidata da Mario Miglio, vuole subito tracciare un primo, breve ma significativo bilancio, di questa trasferta che lascia delusione, ma anche tanta voglia di capire, analizzare, correggere e rimettersi subito in gioco.

Di ripartire con un gruppo di atleti di cui non si mette in discussione il valore, semmai l’attenzione ad alcuni aspetti specifici tecnici,  che dovranno per il futuro essere ottimizzati nei confronti di questi atleti, atleti che tante volte  hanno regalato all’Italia del Triathlon gratificazione e orgoglio per medaglie e piazzamenti di grande valore.

Per prima cosa Mario, cosa ti senti di dire agli atleti?

L’appuntamento di Edmonton rappresentava il momento più importante di tutta la stagione. Ci siamo arrivati attraverso mesi di risultati importanti e con una preparazione finalizzata allo scopo, ma abbiamo raccolto molto meno di quello che speravamo. Anche stavolta i ragazzi hanno fatto tutto ciò che era nelle loro possibilità ed è giusto ringraziarli per il loro impegno che è stato assoluto

Cosa non ha funzionato, come proseguire?

Dopo gli ottimi risultati della prima parte della stagione era giusto rifiatare e riprendere la preparazione in vista dei Mondiali e del finale di stagione. Da quel momento qualcosa non ha funzionato. L’entusiasmo ci ha fatto trascurare le necessarie esigenze di recupero? I carichi proposti sono stati troppo intensi? O abbiamo esagerato nella densità delle esercitazioni proposte? Queste e altre sono domande a cui dobbiamo dare risposte certe come Settore Tecnico. È necessario analizzare i dati raccolti e progettare il futuro alla luce delle conclusioni che sapremo trarre. L’attività agonistica di quest’anno però non è ancora finita e bisogna aspettare le ultime prove di World Cup per fare un’analisi seria di tutta la stagione.

Ti senti di dire che, come spesso capita nello sport, anche la  Sfortuna  non ci ha dato una mano in questo Mondiale?

Ce l’ha data altre volte e in futuro succederà di nuovo. Parliamo invece di argomenti tecnici. In questo momento abbiamo un gruppetto di atleti di livello mondiale che hanno l’età, l’esperienza e le capacità di preparare l’appuntamento olimpico nel migliore dei modi. Non sono più giovani, ma hanno ancora enormi margini di miglioramento. Lo vediamo quotidianamente in allenamento e in gara. Poi abbiamo un altro gruppo di ragazzi con cui abbiamo intrapreso un percorso di crescita che ha componenti biologiche, metodologiche e di equilibrio personale che, come tutti sanno, non possono avere caratteristiche di linearità: a momenti di forte e indiscutibile progresso si alternano necessariamente periodi di stabilizzazione. Inutile dire che non sempre i risultati agonistici riflettono il vero livello di crescita e di maturazione delle potenzialità di questi ragazzi. In questi casi spesso il responso agonistico ci racconta delle bugie, piacevoli o meno, e che, si sa, hanno le gambe corte e possono essere facilmente smascherate, nel primo caso come nel secondo, dal diario d’allenamento.

Luci ed  ombre di questo mondiale?

Oggi abbiamo tre donne, Alice Betto, Anna Maria Mazzetti e Charlotte Bonin e un uomo, Alessandro Fabian, che sono stati capaci di entrare più volte nella Top Ten di una WTS. Davide Uccellari è tornato sul podio di una World Cup. La staffetta ha vinto il titolo continentale. Matthias Steinwandter, Andrea De Ponti, Luca Facchinetti hanno cominciato a mettere il naso nella parte alta delle classifiche che contano. La situazione non mi sembra disastrosa, anzi decisamente positiva.

Questo non significa che tutto vada bene, che non ci siano problemi, che non rimanga un “gap” significativo tra il nostro modo di “fare triathlon” e quello dei Paesi più evoluti. Per porre rimedio alle carenze culturali che stigmatizzano il nostro mondo è necessario studiare e lavorare molto e farlo con il giusto approccio metodologico. Abbiamo sempre parlato della ‘cultura del triathlon’ della ‘scuola del triathlon’ e questo stiamo tentando di fare: mi riferisco anche del lavoro di analisi che si accompagna all’applicazione quotidiana dei tecnici federali come di quelli delle società di base e della necessità di incentivare sempre più giovani tecnici a stare sul campo e davanti a un computer nella pratica, nell’approfondimento e nella ricerca. Il Settore Tecnico, con l’aiuto del Centro Studi, ha prodotto e sta producendo del materiale importante di cui, in vari modi, sta cercando la più efficace e finalizzata diffusione.

Quali sono gli appuntamenti agonistici di fine stagione? Quando rivedremo in gara i nostri azzurri?

La Squadra Elite concluderà il 2014 con la partecipazione alle World Cup di fine stagione, quattro prove che dovranno servire ad arrotondare il punteggio in vista dei Giochi di Rio e che vogliamo sfruttare per far maturare qualche significativa esperienza ad alcuni giovani. Speriamo di avere qualche utile indicazione anche dal calendario nazionale. I due campionati assoluti, olimpico e sprint, e la finale del Grand Prix Italia potrebbero mettere in luce qualche giovane che nel corso dell’estate ha lavorato bene.