Fonte: comunicato stampa
Luca Mancuso, Presidente e atleta della ASD X-Sport Green 1.5 affiliata alla Federazione, ha compiuto un’impresa sportiva in solitaria di triathlon mai realizzata prima, da Genova al rifugio alpino più alto d’Europa, Capanna Regina Margherita a 4554m s.l.m.
E’ il pomeriggio del 29 agosto e finalmente la traccia GPS visibile sui social e sugli smartphone dei tanti si aggiorna per l’ultima volta: attività terminata! Il display evidenzia alcuni dati, 20h 55min, 255 km, 5989 metri di ascesa, 11500 calorie consumate. Assieme ai dati anche una traccia di colore blu che dal mare di Genova porta fin sopra la cima del Monte Rosa.
Così, Luca, compie quello che nessuno al mondo aveva osato tentare prima, il suo personale Extreme Triathlon - Monte Rosa dal Mar Ligure fino al simbolo più estremo dell’incontro tra uomo e montagna, un rifugio alpino costruito a fine 1800 e meta esclusiva per ogni alpinista.
La notizia che Luca si sarebbe immerso a Voltri giorno 28 agosto per la prima frazione di 4 km di nuoto, si è presto sparsa a Genova a seguito di alcuni comunicati stampa che han fatto presto il giro del web e l’accoglienza non è di certo mancata. Sulla spiaggia tanti curiosi e sportivi ad incitarlo quando alle ore 14:00 si tuffava in acqua e in 1h 20min portava a termine la sua frazione natatoria.
Conclusa questa, Luca inforcava la sua bicicletta per iniziare alle ore 16:00 un percorso di 235 km con 3000 metri di salita che lo avrebbe portato sino in Val d’Aosta, ai piedi del massiccio del Rosa e precisamente nella cittadina di Staffal. Nei primi 15 km è stato il Passo del Turchino a scandire il ritmo della pedalata, un valico appenninico situato a 500 metri di altezza. Il verde delle colline liguri ha poi lasciato il posto alla lunga pianura della provincia di Alessandria e di Ivrea, caratterizzate per lo più da risaie e dalle ultime luci del giorno.
A Pont Saint Martin, alle ore 01:30 del 29 agosto e con circa 200 km già effettuati, Luca e il suo staff di supporto che lo precedeva in auto, si apprestavano ad affrontare l’ultima parte ciclistica, quella più faticosa che in 30 km circa li avrebbe portati da 0 metri s.l.m. sino ai 1820 metri di Staffal. Alle 03:30 finalmente la cittadina alpina è alle porte e ad attendere Luca è il Presidente delle Guide Alpine di Gressoney, Riccardo “Ioris” Turini.
Il nuovo staff composto da Luca, l’ultra trail runner Fabrizio Gigliotti e l’esperto Ioris, iniziava l’ultima e inevitabilmente più complicata parte di questa avventura, la scalata del Monte Rosa di 16 km con 2800 metri di ascesa sino al rifugio Regina Margherita. Le prime ore vengono effettuate al buio su sterrato e pietraie e con l’ausilio di lampade frontali, raggiungendo il rifugio Mantova collocato a 3400 metri di altitudine in poco più di 3 ore.
Dopo una breve sosta ristoratrice i 3, dotati di ramponi e imbracatura in cordata sul ghiacciaio, iniziano quella che sarebbe stata una lunghissima ascesa tra crepacci e pendenze con punte di oltre il 40%. 4h e 30 min per percorrere “solo” di ultimi 4 km e oltre 1000 metri di dislivello fino alla tanto ambita Capanna Regina Margherita.
Luca Mancuso: “E' un progetto nato lo scorso anno, avevo pianificato e studiato accuratamente percorsi e ogni tecnica da adottare. Sapevo fosse un’impresa complicata da portare a termine, probabilmente la più complessa fra quelle realizzate in passato in solitaria (Extreme Triathlon Etna – Extreme Triathlon Vesuvio – KTT 3 Long Distance in 3 giorni consecutivi), ma avevo ben in mente l’obiettivo e non avrei gettato la spugna molto facilmente. Nuoto, bici e prima frazione sul Rosa devo dire essere trascorse decisamente bene e con tante energie, parliamo quindi delle prime 15/16 ore del viaggio, le vere difficoltà le ho incontrate nella parte finale, dal rifugio Mantova sino al tanto agognato Rifugio Margherita. Non dormivo da 30 ore e a quel punto abbiamo impostato una strategia di salita suddivisa in obiettivi di altitudine e non chilometrici, 300 metri di ascesa da coprire in 60 minuti, a calcoli fatti sarebbero servite oltre 3 ore.
Sembrava un’eternità, i passi si susseguivano quasi meccanicamente, uno dietro l’altro su pendenze proibitive. Giunti finalmente al Colle del Lys a 4200 metri ecco intravedersi la meta, era lì e sembrava così vicina, ma era una sensazione beffarda, mancava un solo km ma il più duro di tutto il percorso.
Chi pratica sport di endurance sa bene che è la volontà, la “testa”, a dettare gli ultimi comandi ad un corpo quasi privo di energie e così ho dovuto fare, lottando tra l’alta quota, il bianco del ghiaccio che confondeva le distanze, il rumore diventato assordante dei miei ramponi e la vista del Regina Margherita che sembrava non avvicinarsi mai. Alle ore 11:30 ci ritroviamo letteralmente sotto il rifugio, sembrava potessi toccarlo allungando il braccio, sentivo le voci di incitamento, la notizia che un triatleta fosse partito il giorno prima da Genova si era sparsa anche tra gli alpinisti, ma erano ancora 80 i metri in altezza da coprire in un ultimo tratto che l’ambita meta sembra voglia farti apprezzare o detestare più di ogni altro centimetro percorso fino a quel momento.
Qui il percorso si inerpica come mai prima e sono ben 30 i minuti infiniti che impiego per arrivare alle soglie del rifugio più alto d’Europa.
Ho sempre concluso con un sorriso le mie imprese sportive in gara o in solitaria, ma questa volta non nego di essermi emozionato, sarà stata la fatica, l’essermi spinto oltre o forse tanta era la bellezza da quel punto di osservazione…sulle cime più alte ci si rende conto che la neve, il cielo e l’oro hanno lo stesso valore, citando Vian. Mi hanno chiesto perché affronto queste prove estreme di endurance, ma non so mai come rispondere, è semplicemente o complicatamente così e alla propria natura non puoi di certo sfuggire.
Ringrazio lo staff di supporto per l’assistenza e il coach Luca Facchinetti.