Maurizio De Benedetti: "Ai giovani insegno sport e valori umani"

 

C’è un filo sottile, ma impossibile da spezzare, che lega le storie dei grandi campioni del triathlon con quelle dei giovani e dei giovanissimi che al nostro sport si avvicinano. Un filo fatto di passione e di valori condivisi.

E quando i campioni decidono di mettersi a disposizione e di condividere le proprie esperienze, con l’obiettivo di aiutare le ragazze ed i ragazzi che lo seguono, succede spesso che il risultato è un successo.

È la sintesi di quanto sta accadendo con Maurizio De Benedetti, che è rimasto nel mondo del triathlon e che oggi segue la crescita dei giovani atleti e che al termine delle gare di Loano è stato invitato dal Presidente federale Riccardo Giubilei a partecipare alla cerimonia di premiazione, in un ideale passaggio di testimone tra diverse generazioni accomunate dall’amore per il triathlon.

De Benedetti, triatleta dal 1988, ha conquistato il titolo mondiale universitario a Darmstadt, in Germania, nel 1992 “in una gara che – racconta divertito – nemmeno sapevo fosse in programma”. Prego? “Proprio così – spiega De Benedetti – non sapevo dei mondiali universitari fino ad una settimana prima, quando gareggiammo ad Embrun, in Francia, per la Coppa del Mondo ed io giunsi quarto (una delle molte “top ten” conquistate in quel periodo; ndr). Qualcuno mi parlò dei mondiali universitari e solo grazie all’intercessione dell’allora presidente della Federazione internazionale Les McDonald riuscii a parteciparvi”. E pure a vincere il titolo iridato.

Poi, nel 1996, quando si parlava della possibilità che il triathlon venisse inserito nel programma olimpico e che lui potesse esserne protagonista, l’incidente automobilistico che mise fine alla sua carriera agonistica: “Corsi un serio pericolo – dice Maurizio De Benedetti – perché mi misi alla guida molto stanco dopo una gara e per un colpo di sonno rischiai la vita. Mi salvai, ma dovetti dire addio alle gare”. Non certo al triathlon, però.

“Diciamo che ad un certo punto ho deciso di mettere a disposizione dei più giovani quanto contenuto nel mio 'armadio': conoscenze, esperienza, tecniche di allenamento, modalità di approccio alle gare. Il tutto per permettere loro di avvicinarsi all'attività sportiva con la necessaria convinzione, ma anche con quella serenità che è indispensabile in una fase delicata della vita, nella quale la crescita dell’atleta non può essere scissa da quella della persona”.

Quando gli si chiede che tipo di tecnico pensa di essere, la sua risposta è emozionante: “Sono solo consapevole della grande responsabilità che ho nell’approcciare con ragazze e ragazzi molto giovani e del fatto che per lavorare con loro occorrono umiltà e senso di responsabilità. Dicono che sono protettivo ed è vero, ma sono soprattutto sincero con loro e cerco di rispettare i loro tempi di crescita, fisica e psicologica, senza fare forzature e soprattutto senza cercare di plagiarli, cosa che davvero non mi appartiene”.

E quando uno dei suoi giovanissimi atleti – tipo Nicolò Reitano, che a Loano ha conquistato il suo primo successo nella categoria Ragazzi – vince una gara? “Sono felice per lui – dice De Benedetti – ma non cambia certo il mio atteggiamento. Lui, come tutte le altre e tutti gli altri nostri ragazzi, deve soprattutto divertirsi praticando il triathlon e crescere in maniera equilibrata. Se diventeranno dei campioni, meglio, ma soprattutto spero che possano diventare delle persone serene”.

Perché, in fondo, secondo lui che un campione lo è stato, “questo dovrebbe essere il nostro compito: mettere a disposizione la nostra esperienza e contribuire alla loro crescita complessiva. Questo cerco di fare tutti i giorni”.

Nella foto: il Presidente Riccardo Giubilei e Maurizio De Benedetti

Foto: FITRI MEDIA - Tiziano Ballabio